I Trigger points, “punti grilletto”, sono aree che manifestano tutto il loro potenziale a distanza. Possono, inoltre, non solo configurare una patologia autonoma, autosufficiente, automantenentesi nella SINDROME DOLOROSA DA PUNTI TRIGGER , ma possono sovrapporsi, embricarsi, associarsi, comparire, manifestarsi nel corso di uno svariato numero di altre patologie, fra cui il dolore oncologico; un trigger point può essere presente nelle seguenti sedi: muscolo, giunzioni muscolo-tendinee, cute, periostio, cicatrici, legamenti, capsule articolari, fasce neuromuscolari. Un trigger point lo possiamo definire come un focus di iperirritabilità circoscritto e ben definito, la maggior parte delle volte topograficamente ben identificabile (più o meno nella stessa area). La pressione digitale determina dolore intenso con fenomeni di iperpatia quali la smorfia facciale e la retrazione della parte stimolata. Il dolore localizzato nelle aree bersaglio che ha consentito di disegnare delle mappe.
Il TRIGGER POINT si può definire:
1. ATTIVO
2. LATENTE
TRIGGER POINT ATTIVO:
E’ attivo un trigger la cui digitopressione è in grado di evocare un dolore a riposo e/o in movimento nella zona di referenza del TP stesso, cioè un dolore riferito, La sua digitopressione riproduce esattamente il dolore di cui il paziente soffre.
Quindi il trigger attivo è:
– dolorabile
– produce un quadro doloroso riferito specifico
– si accompagna a disfunzione del muscolo in cui è presente ( incompleto allungamento e debolezza del muscolo sede di TP)
– si accompagna a fenomeni autonomici riferiti specifici nella zona di referenza del dolore (vasocostrizione locale, sudorazione, lacrimazione, corizza, salivazione, attività pilomotoria)
– la sua digitopressione evoca o riacutizza il dolore del paziente
Il dolorabile può indicare che c’è iperalgesia e non solo dolore.
TRIGGER POINT LATENTE:
Può riprodurre esattamente tutti i quadri clinici dell’attivo, tranne quello di dar luogo al dolore spontaneo del paziente. In assenza di stimolo il punto è clinicamente silente, rispetto al dolore, ma dà tutti gli altri quadri: disfunzione muscolare, fenomeni autonomici, ecc.
Un TP latente può essere attivato da:
1. Postura prolungata del muscolo interessato in posizione accorciata, come, ad es., durante il sonno.
2. Raffreddamento del muscolo (non solo per correnti d’aria fredda), specialmente se questi è affaticato.
3. Durante o dopo una patologia virale.
4. Improvvisa e insolita contrazione di un muscolo sede di TP latente come nel caso della riattivazione in contrazione di un muscolo antagonista in seguito al rilassamento del muscolo agonista per effeto della terapia specifica del TP.
DIAGNOSI DI TRIGGER POINT ATTIVO:
Nei casi ci sia incertezza sul rapporto tra trigger point e area bersaglio si possono usare i seguenti criteri diagnostici di identificazione del punto trigger attivo:
1. Storia di esordio improvviso durante o subito dopo uno sforzo acuto, oppure esordio graduale da sovraccarico cronico del muscolo affetto
2. SEGNO DELLA “CORDA” il muscolo che contiene un TP (o più di uno) presenta bande miofasciali ben palpabili, rigide di consistenza cordoniforme o nodulare.
3. SEGNO DEL “JUMP”: all’interno della banda miofasciale rigida, palpando a scatto trasversalmente alla direzione dei fasci muscolari si evidenzia un’area focale di dolorabilità che induce una consistente contrattura muscolare locale di breve durata, che può essere accompagnata da una viva reazione del paziente (iperpatia). Sono fondamentali nella attivazione e nello sviluppo dei trigger i fattori di perpetuazione o meglio di autosostentamento.
Sono moltissimi, alcuni sono costituzionali e genetici, e determinano l’assetto, il tono, il trofismo dei specifici punti. Al primo posto ci sono i cosiddetti STRESS MECCANICI, che possiamo inquadrare come:
1)”inadeguatezze posturali”, in particolare asimmetrie scheletriche (arti corti o emipelvi piccole) e disproporzioni (II metatarsi lunghi);
2)”stress posturali”cioè tutte quelle posture errate per cui si sovraccarica un muscolo e si scarica completamente un’altra (dismetria arti inferiori, obliquità pelvica, scoliosi, ecc..);
3)”deficit di appoggio plantare” (piede cavo, piede piatto, piede varo, piede valgo);
4) fattori che comportano compressione o costrizione muscolare (portare borse o cartelle pesanti, cinte, ecc.).
Altri fattori sono:
– DEFICIT NUTRIZIONALI, carenze croniche di vit. B1, B6, B12,C, ac. folico;
– ALTERAZIONI METABOLICHE O ENDOCRINE, ipotiroidismo, ipoglicemia, iperuricemia, anemia, alterazioni circolatorie;
– FATTORI PSICOLOGICI: depressione, tensione da ansia;
– PROCESSI INFETTIVI CRONICI, sia batterici che virali;
– ALTRI FATTORI quali: allergie, alterazioni del sonno, radicolopatie, malattie viscerali croniche.
Nello sviluppo di TP sono colpite maggiormente le donne di media età, sedentarie, in quanto molto importante è la condizione di forma della muscolatura: più un muscolo è in forma e più resiste alla formazione di TP. Molto esposto è anche il soggetto attivo che smette improvvisamente di fare sport.