Le deformità del piede

La deformità del piede è sempre sinonimo di disfunzione?
La deformità del piede può richiedere l’intervento di uno specialista Podologo/Posturologo quando provoca dolore e limitazioni funzionali al paziente, influenzandone la qualità della vita. Il piede è un organo complesso a cui ciclicamente chiediamo, attraverso il passo, di ammortizzare – comportandosi come una molla – e spingere, diventando una leva rigida. La deformità può interessare l’avampiede, il mesopiede, il retropiede o, in maniera correlata, ciascuno di questi distretti anatomici. L’importante è individuare quale fase del passo è eventualmente compromessa. Il piede è come una marionetta, il cui movimento è guidato da fili che scendono dall’alto, i tendini, che traducono la contrazione del muscolo in movimento trasmettendo la forza contrattile del ventre muscolare all’osso su cui si inseriscono. Quando il sistema che trasmette il movimento alla marionetta non è perfettamente funzionante anche una o più parti di essa potrebbero non rispondere adeguatamente. Per esempio, un filo usurato o un braccio del “bilancino” rotto (la croce in legno che trasmette il movimento ai fili) potrebbero far sì che un movimento del burattino non si compia correttamente, quando viene dato l’impulso al filo. Uno squilibrio tra tendini è causa o conseguenza della deformità; infatti, un tendine che lavora con un allungamento eccessivo o fuori asse perde efficienza e può degenerarsi completamente.

Esistono 2 principali deformità: il piede piatto e il piede cavo.

Piede piatto, sindrome pronatoria o PTT disease

Tre diversi modi per definire patologie molto simili.
Semplificando, il piede piatto è un’alterazione dell’arco longitudinale e trasversale del piede che determina un’impronta plantare aumentata sul terreno.
E’ una deformità complessa che coinvolge più articolazioni e può arrivare a determinare patologie dell’avampiede (quali alluce valgo e dita a griffe), ma può anche provocare grave sintomatologia e alterazioni a livello della caviglia. Un piede piatto diventa sintomatico quando i meccanismi di compenso vengono a mancare, causando al paziente dolore e instabilità. Il primo segnale d’allarme può essere il dolore all’interno della caviglia (in prossimità del malleolo tibiale) se è la sofferenza del tendine a provocarlo; il male, invece, si avverte sulla superficie postero-laterale del retropiede, quando è il valgismo del calcagno a dare problemi. Quindi, dolori opposti, per la stessa patologia: per questo è fondamentale una visita podoiatrica e posturale specialistica e non un approccio casuale e localizzato al solo problema.

Piede Cavo-Varo-Supinato e caviglia vara

Tornando alla fisiologia del passo, il cammino è rappresentato da una successione di momenti in cui un piede sano “prona” (cioè diventa piatto) per ammortizzare il peso al suolo e momenti in cui il piede “varizza” per diventare una leva rigida.

Il piede cavo varo supinato diventa patologico quando fa male o quando il paziente ha la sensazione che ceda. È una condizione per la quale il piede è sbilanciato, in termini di carico e stabilità, verso l’esterno a livello di retropiede e caviglia, verso l’interno a livello dell’avampiede. I sintomi si manifestano, nella parte posteriore con dolore lungo un’area che include il malleolo esterno della caviglia e il retropiede (talvolta può essere percepita una sensazione di instabilità); a livello dell’avampiede, invece, con metatarsalgia (sindrome dolorosa del metatarso). Le caratteristiche morfologiche tipiche di questa patologia sono: la “griffe” delle dita e dell’alluce, il primo metatarso plantarflesso, il calcagno varo (deviato verso l’interno).

Talvolta questa deformità è espressione di una patologia neurologica genetica, la malattia di Charcot–Marie–Tooth. Si tratta di una patologia progressiva che inizialmente colpisce la muscolatura intrinseca del piede. All’esordio il paziente lamenta difficoltà propriocettive e di equilibrio, poi si instaurano le deformità sopra descritte associate a disfunzioni neuro-miotendinee, più importanti.
Esistono, tuttavia, forme non “pure” con evoluzione spesso lentissima o addirittura senza alcuna progressione. Per questo è fondamentale una diagnosi medica precoce (soprattutto in casi in cui in famiglia siano presenti casi simili). Non sempre bisogna allarmarsi perché talvolta potrebbe non dare problemi per l’intero corso della vita, mentre, altre volte, può essere causa di molteplici interventi chirurgici nella vita del paziente.

Infine, un argomento a parte è rappresentato da tutti i pazienti che presentano degli esiti post-traumatici. Spesso fratture di caviglia o di gamba (fratture biossee e non) e fratture di calcagno, trattate più o meno adeguatamente, inducono una progressiva deformità in varismo di caviglia e retropiede. Anche in questi casi è importante una valutazione ed una diagnosi precoce per pianificare un trattamento che riesca a preservare quanto più possibile articolazioni e movimento.
Un piede cavo o una caviglia instabile non curate esitano in artrosi di caviglia, indipendentemente dall’età del paziente. Per la caviglia, infatti, artrosi non è sinonimo di paziente anziano, ma il più delle volte di paziente con una deformità, soprattutto se in varismo.

Curare deformità in varismo di retropiede e caviglia o connessa instabilità significa fare prevenzione sull’artrosi di caviglia.

E’ durante una visita specialistica che, osservando la camminata del paziente a piedi nudi, si definisce una prima diagnosi. Spesso bastano pochi passi per capire!
Per un’opportuna diagnosi sono fondamentali: la storia del paziente, il suo lavoro, lo sport praticato ed anche l’osservazione dell’usura delle sue scarpe; tutto questo fa parte dell’anamnesi. Per prendere delle decisioni specifiche in merito al più idoneo trattamento ci si baserà poi su una valutazione biomeccanica, una valutazione posturale, una valutazione baropodometrica e stabilometrica ed eventuali radiografie eseguite in carico (cioè stando in piedi). Infatti, è in posizione eretta che il piede lavora e fa male ed è in posizione eretta che va studiato. Questo è il motivo per cui una radiografia in carico offre spesso più informazioni di una risonanza magnetica (esame che si esegue sdraiati).

Nel paziente comune che lamenta sintomatologia, una cvorretta terapia ortesica plantare specialistica può rappresentare un valido strumento di compenso ed di correzione del piede e della postura; quando indossato favorisce i tendini sofferenti, facendoli lavorare su bracci di leva più vantaggiosi riducendo le energie spese dal nostro corpo e permettendo negli atleti un miglioramento della performance sportiva.

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