PIEDE REUMATICO

L’Artrite Reumatoide è una patologia sistemica autoimmune che colpisce spesso il Piede e la Caviglia determinando dolore, invalidità e difficoltà nella deambulazione.L’interessamento del piede nel paziente affetto da artrite reumatoide (A.R.) può costituire l’esordio della malattia stessa. La flogosi iniziale si localizza nella maggior parte dei casi all’avampiede, ma può essere diffusa a tutto l’organo “piede” che assume un aspetto edematoso, “rotondeggiante”, con cute tesa e lucente a colorito roseo o violaceo. Non è infrequente una localizzazione mono-oligoarticolare che può interessare la tibio-tarsica, la sottoastragalica o il metatarso; aspetti meno tipici sono quelli di un impegno canalicolare a tipo sindrome del canale tarsale, o quello di una tenodinovite dei muscoli flessori del tarso.

Le deformazioni del piede reumatoide sono prevedibili se si conoscono la biomeccanica del piede, il morfotipo congenito e l’azione delle forze cui sono soggette le articolazioni interessate dal processo infiammatorio: lo studio delle deformazioni assume particolare importanza dal momento che la loro precisa conoscenza consente di attuare le misure preventive locali. Tali deformazioni sono il risultato di una tenosinovite articolare evolutiva che è responsabile dell’indebolimento dell’apparato capsulo-legamentoso articolare che condiziona il cedimento dell’articolazione stessa, e questo anche in virtù di una paralisi della muscolatura intrinseca il cui ruolo nei meccanismi che regolano l’adattabilità del piede è già stato sottolineato.
La funzione dei muscoli intrinseci ed estrinseci del piede deve essere riconsiderata alla luce delle più recenti ricerche sul movimento. I muscoli intrinseci, in particolare, non hanno ancora visto riconosciuta alcuna funzione significativa: la maggior parte degli Autori si limita infatti a ritenere la loro azione come supporto per l’azione dei legamenti che, peraltro, sarebbero capaci da soli di mantenere la volta plantare. In un’ottica riabilitativa che veda il piede come un insieme specificamente strutturato, è possibile formulare due ipotesi:
a) i muscoli intrinseci sono essi stessi strutture informative attraverso la presenza di recettori muscolari. Tale ipotesi potrebbe essere suffragata dalla molteplicità dei muscoli stessi e dei collegamenti da essi effettuati tra le diverse ossa che costituiscono gli archi del piede. Di contro numerose ricerche neuro-fisiologiche negano o riducono l’importanza dei recettori muscolari, almeno per certe modalità informative;
b) i muscoli intrinseci hanno un ruolo specifico, ma non direttamente informativo dato che potrebbero funzionare come elementi attivi di aggiustamento degli archi del piede: sarebbero questi con le numerose articolazioni ad esse connesse a svolgere la principale attività informativa. La muscolatura intrinseca potrebbe agire come apparato di adattamento dell’organo sensoriale piede, modificando attivamente la curvatura degli archi ed i rapporti fra loro. In questo modo determinate strutture ligamentose potrebbero essere stirate ed accorciate in modo tale da essere messe in condizione di raccogliere con la massima precisione le informazioni necessarie.
I muscoli intrinseci potrebbero essere visti quindi come regolatori attivi della soglia di sensibilità del piede in funzione della migliore recezione e trasmissione delle informazioni in rapporto a determinate situazioni nelle quali occorra una sensibilità più o meno discriminante. La contrazione della muscolatura intrinseca potrebbe effettuare questa azione oltre che predeterminando un maggiore o minore stiramento dei recettori articolari, anche determinando una maggiore o minore cedevolezza degli archi sotto la pressione esercitata nei diversi sensi. Il fatto che il piede sia “imprigionato in una scarpa”, rende più intuibile e meno anarchico il meccanismo con cui si instaurano le deformazioni. Sulle articolazioni divenute instabili agiscono delle forze conosciute: la forza di gravità, la muscolatura estrinseca del piede e la calzatura antifisiologica.
Nello studio predittivo la localizzazione ed il tipo di deformazione, è importantissima la valutazione del morfotipo congenito del piede; un’ultima considerazione è quella che le deformazioni si aggravano progressivamente sempre nella stessa direzione e che, naturalmente, evolvono negativamente con l’uso del piede. Ad uno stadio più tardivo si assiste alla completa distruzione dell’articolazione che aggrava ulteriormente il quadro clinico e rende le deformazioni irriducibili e meno agevolmente classificabili. Deformazioni e dolore riassumono l’avampiede reumatoide: questi sono naturalmente male accettati dal paziente che, in breve tempo, non è più in grado di calzare convenientemente i propri piedi e di avere un carico ed una marcia normali. Come già sottolineato, è la sede più frequente della flogosi d’esordio della artrite reumatoide: si manifesta con una metatarsalgia infiammatoria mediana che è caratterizzata dalla comparsa del dolore anche durante il riposo notturno (il paziente si risveglia per il dolore nella seconda metà della notte e si riaddormenta solo verso l’alba) , dall’acuirsi del dolore durante il carico e la marcia, specie alla fine del passo nella fase della flessione dorsale delle dita con appoggio sulle metatarsali. Con lo sforzo il dolore riapparirà in ragione della costrizione aggravante del peso del corpo e delle calzature. All’esame il solco dorsale delle dita è scomparso in virtù di una certa succulenza edematosa con pelle liscia: il colorito potrà essere roseo o cianotico, ma abitualmente la cute è pallida. La palpazione apprezza l’aumento della temperatura locale e, nello spazio interdigitale, l’impastamento e/o la ritenzione delle articolazioni metatarso-falangee mediane dovute all’edema periarticolare o allo stravaso intrarticolare. Naturalmente la palpazione evoca ed acuisce il dolore come del resto lo evoca la flessione estrema della dita che è più suggestiva della metatarsalgia reumatoide che non la positività del segno di Gaenslen (evocazione del dolore alla compressione trasversale delle teste metatarsali) che, al contrario, si evidenzia in pressoché tutte le metatarsalgie. Non è infrequente una sindrome dolorosa acuta del 2° spazio intermetatarsale che si rivela alla palpazione. Le deformazioni dell’avampiede sono precedute dalla lesione infiammatoria che non interessa esclusivamente le articolazioni metatarso-falangee, ma anche le formazioni tenosinoviali degli spazi intermetatarsali. Indebolendo progressivamente le formazioni di tenuta articolare, la flogosi è causa di una paresi con atrofia della muscolatura intrinseca e di una contrattura riflessa della muscolatura estrinseca. Tali contratture agiscono su articolazioni divenute instabili in cui le deformazioni si instaurano in maniera variabile a seconda del morfotipo congenito del piede. Per quanto riguarda quest’ultimo, classicamente distinguiamo a livello dell’avampiede una formula digitale ed una formula metatarsale. Quando il dito grosso è più lungo del 2° dito, si parla di formula digitale di “tipo egizio”; quando la lunghezza del 1° dito è uguale a quella del 2° si parla di formula di “tipo quadrato”; infine quando il 1° dito è più corto del 2°, la formula è di “tipo greco”.
Tornando alle deformazioni dell’avampiede distinguiamo: turbe dell’appoggio anteriore e deformazioni delle dita. Le turbe dell’appoggio anteriore consistono nel rilievo di un avampiede piatto o convesso che, da riducibili, evolvono rapidamente verso “l’avampiede rotondo fisso” che è complicato da ipercheratosi dolorose sotto le teste metatarsali centrali: è la lesione più caratteristica (74% dei casi secondo J. Claustre) rappresentando il denominatore comune delle deformazioni dell’avampiede. Le deformazioni delle dita sono, invece, precedute da una lesione infiammatoria più o meno intensa che non interessa soltanto le articolazioni metatarso-falangee, ma anche gli spazi intermetatarsali con fenomeni tenosinovitici. E’ fondamentale ricordare che il cedimento progressivo delle articolazioni crea una paralisi con atrofia della muscolatura intrinseca ed una contrattura riflessa dei muscoli estrinseci. In pratica si può quindi affermare che l’artrite reumatoide non fa altro che accelerare ed aggravare i disturbi architetturali che sarebbero comunque comparsi, anche se in tempi estremamente più lenti, come lesioni di tipo “avampiede statico”. Distinguiamo deformazioni tipiche e deformazioni atipiche. Le deformazioni tipiche si instaurano in maniera univoca sul piano orizzontale e su quello verticale realizzando due quadri clinici classici: il “colpo di vento peroniero” e l'”avampiede triangolare”. Il colpo di vento peroniero consiste in una deformazione sul piano orizzontale che interessa tutte le dita ad eccezione del V° che è sottoposto all’azione varizzante della calzatura; come di regola l’alluce è deviato in valgo. La deviazione “a colpo di vento peroneale” è caratteristica della artrite reumatoide: è legata all’azione eccentrica del muscolo pedidio che è anche il responsabile della iperestensione delle metatarso-falangee. Se la deviazione dell’alluce in valgo è la regola, di fatto l’impegno reumatoide del 1° dito è raro: si tratta quindi di un “alluce valgo statico”. L’alterazione infiammatoria dell’articolazione metatarso-falangea del dito grosso non fa altro che precipitare questa situazione banale e l’aggrava.  La deformazione “a colpo di vento” interessa soprattutto l’avampiede di tipo egizio con metatarso di tipo “index plus – minus”. Il ruolo causale della calzatura è innegabile: favorisce la deviazione in valgo del dito grosso e in varo del V°. Il colpo di vento peroneale di tutte le dita è caratteristico di quei pazienti che abbandonano presto le calzature per delle pantofole che, non essendo contenitive, rendono più efficacie l’azione del muscolo pedidio. Sul piano verticale si rileva un denominatore comune che è la caduta della tastiera metatarsale sotto l’effetto della forza di gravità che agisce, distendendoli, sui legamenti intermetatarsali e sui muscoli abduttori trasversi: anche questo alterato appoggio anteriore si inscrive in un morfotipo congenito architetturalmente sfavorevole legato ad una sindrome da insufficienza del primo raggio. Si evidenzia una griffe delle dita cui si associa, sotto l’azione della muscolatura estrinseca, una iperestensione della prima falange che non è antagonizzata sussistendo una paralisi della muscolatura intrinseca. L’insieme di queste deviazioni conduce alla lussazione dorsale ed esterna delle articolazioni metatarso-falangee, causa di importanti conflitti con la calzatura. La deformazione di tipo “avampiede triangolare” viene definito “piede ancestrale” da Dudley Morton, ed è caratterizzato da una formula metatarsale a tipo index minus cui si associa un valgo del dito grosso con paresi ed atrofia della muscolatura intrinseca del primo raggio ed un varo pronunciato del V° dito. Le dita mediane si dispongono nella maniera più anarchica e ciò a seguito della paralisi della muscolatura intrinseca che non è più in grado di antagonizzare quella estrinseca: i muscoli flessori ed estensori del primo e quinto raggio agiscono come molle che tendono l’arco formato dai metatarsi e dalle dita. A livello delle dita mediane, la prevalenza della muscolatura estrinseca (flessori ed estensori non equilibrati dai muscoli lombricali ed interossei paralizzati) provoca la lussazione delle dita che avviene dorsalmente per una prevalenza degli estensori che non trovano ostacoli alla loro azione, al contrario di ciò che avviene per i flessori che vengono neutralizzati dalla suola della calzatura. Ciò provoca le deformazioni tipiche dell’avampiede triangolare. L’esame radiologico dimostra che le dita mediane subiscono, al contrario di quanto avviene nel piede triangolare statico, un colpo di vento peroniero che deve quindi essere considerato la deformazione più costante e tipica del piede reumatoide. Le deformazioni atipiche, invece, sono rare e a volte più complesse ed essenzialmente legate all’intensità dei fenomeni infiammatori, all’importanza delle lesioni osteo-cartilaginee ed al morfotipo congenito del piede. Distinguiamo: alluce rigido o flesso, deformazione anarchica e monoartrite isolata. Queste deformazioni delle dita si associano ad alterazioni degli annessi che vanno ad aggravare la già precaria ripartizione dei carichi e delle pressioni: la cute perde la propria elasticità, l’aponeurosi plantare si atrofizza; le teste metatarsali, senza protezione, sono a diretto contatto del suolo da cui sono separate solo da callosità molto dolorose che tendono all’ulcerazione. Anche le unghie vanno soggette ad alterazioni in senso ipertrofico che rendono ancora più importante il conflitto con la calzatura. Il coinvolgimento quindi del tessuto cutaneo in corso di artrite reumatoide è molto frequente;  essa diventa molto fragile e richiede spesso cure igieniche rigorose con sedute periodiche presso un podologo laureato e specializzato in materia. in funzione delle lesioni, della loro entità, della sede e della riducibilità si adottano i vari tipi di presidi ortesici: da quelli plantari per migliorare l’appoggio plantare e la deambulazione, alle ortesi in silicone medicale per proteggere le dita dal conflitto con la calzatura.

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